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Quante volte oggi hai scelto la parola sbagliata solo perché ti sembrava più elegante?


L’antilingua è più viva che mai e probabilmente anche tu la usi senza nemmeno accorgertene.

Accade quando scrivi tempistiche invece di tempi; quando parli di tematiche invece di temi; quando ti sembra che problematica suoni meglio di problema.
Non perché queste parole siano più adatte o più precise, ma perché ti danno l’illusione di un registro più alto, più professionale, meno “volgare”.

L’antilingua è fatta di scorciatoie e formalismi: preferisce tipologia a tipo, modalità a modi, movimentare a muovere. 
Una lingua che si regge su frasi come "ho effettuato un’analisi" invece di "ho fatto un’analisi"; che propone di schedulare invece di programmare/organizzare; che parla di utenti ingaggiati anziché coinvolti.

Eppure questa lingua appanna, diluisce, spegne ogni scintilla.

È la lingua di chi scrive nominativo invece di nome; di chi dice che una sede è basata in una città quando sarebbe invece indicato ubicata/situata. 

È la lingua di chi crede che ovvero significhi oppure e lo usa a sproposito; di chi chiude un elenco infilando un quant’altro come un eccetera qualsiasi, senza sapere davvero che cosa significhi.

L’antilingua di oggi si arricchisce anche di verbi finto-tecnici: non basta più fare qualcosa, ora bisogna implementare.
Non si migliora, si ottimizza.
Non si tratta un dato o una richiesta, si processa.

Poi ci sono i sostantivi astratti, ancora più pomposi: tutto diventa una sinergia; ogni problema si nobilita a criticità; la capacita di fare progetti si chiama progettualità; ogni competenza generica si ammanta di professionalità.
E infine ci sono gli anglicismi gratuiti e dilaganti: per parlare con qualcuno si fa una call; per sapere cosa ne pensa si chiede un feedback; per darsi uno scopo si parla di mission; per sognare un po’ più in grande si costruisce una vision
E naturalmente quando i risultati non bastano si invita a "performare meglio" perché, si sa, la parola performance si presta ad ogni abuso, compresa la sua trasformazione in verbo.

L'uso dell'antilingua non è solo sciatteria, è anche paura: paura di sembrare troppo semplici, troppo diretti, troppo umani. E così ci si rifugia nelle parole più generiche, più astratte e più impersonali. 

La prossima volta che ti sorprenderai a parlare di problematiche emerse dalle tematiche analizzate con le opportune modalità secondo la tipologia prevista dalle tempistiche, prova a fermarti.
Chiediti: sto dicendo qualcosa o sto solo cercando di sembrare più importante?


Italo Calvino lo scriveva già mezzo secolo fa: l’antilingua non è un male incurabile, ma bisogna imparare a riconoscerla. E a liberarsene.

E tu, quante volte oggi hai scelto la parola sbagliata solo perché ti sembrava più elegante?


Pubblicato il 08 dicembre 2025

Vimana GRIONI

Vimana GRIONI / Ghostwriter, divulgatore e illustratore nei settori IP&Tech, mi occupo principalmente di Proprietà Industriale e Intelligenza Artificiale.

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