Ridare un senso alle parole

Un testo tratto dal mio ultimo libro 𝐍𝐎𝐒𝐓𝐑𝐎𝐕𝐄𝐑𝐒𝐎 -𝐏𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐮𝐦𝐚𝐧𝐢𝐬𝐭𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐫𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐥 𝐌𝐞𝐭𝐚𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨. - Nella società delle piattaforme il linguaggio, semplificato e mummificato dentro concetti, memi e acronimi (spesso in lingua inglese), sembra servire principalmente a fare la cronaca delle nostre vite, istante dopo istante, a navigare la nostra epoca fatta di applicazioni social, di profili digitali parlanti, le cui identità poco rispecchiano il vissuto reale delle persone che li hanno creati. A parole tutti siamo alla ricerca di felicità e gratificazioni, nella realtà percepiamo di essere intrappolati negli automatismi di macchine, lineari nei loro funzionamenti, “equivoche” nelle loro intenzioni e nei loro obiettivi, alle quali abbiamo dato una delega di responsabilità in bianco. Per questo incapaci di soddisfare i reali bisogni che caratterizzano la vita reale, di noi che ancora siamo umani.

Raccapezzarsi, con o senza l'ausilio di una macchina

Dai difetti mostrati da ChatGPT in uno specifico uso: la ricerca dell'etimo di una parola, è possibile passare ad un giudizio generale su difetti mostrati dai chatbot basati su intelligenza artificiale generativa. Di qui si può prendere spunto per una riflessione sull'umano 'cercare' e 'domandare'. Si può chiamare in causa in questa riflessione la proposizione 123 delle 'Ricerche Filosofiche' di Wittgenstein: 'Ich kenne mich nicht aus', 'Ich kenne mich nicht aus'. Per questa via si arriva a ragionare sul verbo italiano 'raccapezzarsi'. Il sapersi 'raccapezzare' è una importante capacità che rischiamo di perdere se proseguiamo nella strada dell'affidarci alla macchina, 'domandando' a lei, invece di 'cercare' da soli.

Le lingue morte sono macchine?

Una lingua morta continua a essere studiata e analizzata, ma con un atteggiamento diverso rispetto a quello dedicato alla loro progenie, e lo si fa considerando che di queste lingue si hanno solo documenti scritti e non elementi della quotidianità, elementi vivi, autentici, situati nell'effimero che elude le vette della letteratura così come le iscrizioni, pure se infime, sui muri.