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Una recensione sull'ultimo libro di Éric Sadin, un autore che seguo da sempre. Il libro, "Le désert de nous-mêmes. Le tournant intellectuel et créatif de l'intelligence artificielle", è stato pubblicato in Francia da L'Échappée (2025). Non ancora disponibile le versione italiana.


Un pensatore della rivoluzione digitale

Nato nel 1973, Éric Sadin è oggi riconosciuto come uno dei pensatori più lucidi e radicali della rivoluzione digitale. Il suo lavoro di analisi critica delle tecnologie numeriche, iniziato alla fine degli anni Novanta, si è progressivamente affermato come un corpus filosofico essenziale per comprendere le trasformazioni del nostro tempo. Sadin è "uno dei rari pensatori a interrogarsi sui limiti della rivoluzione numerica in corso" e a proporne un'analisi multidimensionale, storica, filosofica, economica, ideologica e sociologica.

Il punto di svolta nella sua riflessione risale al 1998, quando Sadin acquisisce per la prima volta una connessione internet e un telefono cellulare. Constatando la facilità di comunicazione e circolazione delle informazioni nonostante la distanza, sviluppa l'idea dell'emergere di "un nuovo momento della storia dell'umanità, tanto nei nostri comportamenti individuali quanto collettivi".

Nel 1999 fonda la rivista ÉC/ARTS, dedicata alle pratiche artistiche e alle nuove tecnologie, pubblicata fino al 2003.

"l'IA generativa è diversa da quella cognitiva, che si limitava a suggerire, raccomandare, talore imporre compoortamenti. L'IA generativa fa propri compiti che per millenni hanno richiesto le facoltà intellettive e creative umane"

La sua bibliografia riflette un'indagine sistematica e progressiva dei diversi aspetti della tecnocrazia digitale:

  • Surveillance globale. Enquête sur les nouvelles formes de contrôle (Climats/Flammarion, 2009) inaugura la sua riflessione critica, mettendo in luce come la società dell'informazione sia anche una società di sorveglianza al servizio di interessi economici.
  • La Société de l'anticipation (Inculte, 2011) analizza l'emergere di dispositivi capaci di prevedere e orientare i comportamenti individuali e collettivi.
  • L'Humanité augmentée. L'administration numérique du monde (L'Échappée, 2013) esplora la progressiva delega di facoltà umane a sistemi algoritmici.
  • La Vie algorithmique. Critique de la raison numérique (L'Échappée, 2015) approfondisce la critica della razionalità algoritmica e dei suoi effetti sulla vita quotidiana.
  • La Silicolonisation du monde. L'irrésistible expansion du libéralisme numérique (L'Échappée, 2016), forse la sua opera più nota, denuncia l'espansione globale di un modello economico e ideologico originato nella Silicon Valley.

"ci restano tre anni per agire, prima di assistere a un deserto di noi stessi. L'appello è rivolto ai produttori, agli artisti e al pubblico. Noin alla politica che ha abdicato alle proprie responsabilità"

A partire dal 2018, Sadin concentra il suo lavoro sull'intelligenza artificiale con L'Intelligence artificielle ou l'Enjeu du siècle. Anatomie d'un antihumanisme radical (L'Échappée, 2018), primo avvertimento contro quella che definisce un'offensiva antiumanista.

Nel 2020, con L'ère de l'individu tyran. La fin d'un monde commun (Grasset), allarga lo sguardo agli effetti politici e sociali della rivoluzione digitale, analizzando come l'iperpersonalizzazione tecnologica e i social network abbiano favorito l'emergere di un individualismo esacerbato che mina le basi del vivere comune.

Più recentemente, La vie spectrale (Grasset) e Faire sécession (2023) hanno ulteriormente sviluppato la sua critica e le sue proposte di resistenza. Sadin è anche autore di opere di finzione come Softlove (Galaade, 2014) e Les Quatre couleurs de l'Apocalypse (Inculte, 2011), che esplorano in forma narrativa le derive del mondo tecnologico.

I suoi libri sono tradotti in numerose lingue e hanno fatto di lui una figura intellettuale riconosciuta soprattutto in America Latina. Interviene regolarmente a Sciences Po Paris e in università e centri di ricerca in Europa, Nord America e Asia.

Il 30 novembre 2022 segna, secondo Sadin, una data decisiva nella storia dell'umanità: il lancio di ChatGPT. Con Le désert de nous-mêmes, pubblicato lo scorso ottobre (2025), porta a compimento questa riflessione pluridecennale sulla tecnocrazia digitale, concentrandosi questa volta su ciò che definisce una "svolta intellettuale e creativa" dell'intelligenza artificiale.

"l'arrivo e la diffusione delle IA generative mette in gioco ciò che costituisce il nostro essere umani, è una rottura culturale, antropologica, di civiltà"

Una diagnosi antropologica della nostra disfatta

Più che un saggio, quest'opera rappresenta un atto politico, la dissezione di un'umanità in ritirata, disumanizzata, in via di ritirarsi da sé stessa. Sadin non si limita a elencare i rischi dell'IA: costruisce una "cartografia precisa della nostra espropriazione".

Il libro si apre con una parabola illuminante: l'usignolo che, sedotto da automi capaci di produrre melodie senza sforzo, sceglie il comfort a scapito dell'arte. È la matrice della nostra "servitù volontaria", quella preferenza per la passività che attraversa tutta la critica del filosofo.

I tre ordini di conseguenze

Sadin identifica tre conseguenze fondamentali dell'avvento delle IA generative:

In primo luogo: viene messa nelle mani di tutti una tecnologia che genera un pseudo-linguaggio matematizzato, statistico e standardizzato, destinato a diventare egemonico. Il filosofo autore forgia il concetto di "thanatologos" per designare questo linguaggio morto, fondato non sull'intenzionalità o sulla singolarità di un soggetto, ma sulla correlazione statistica e sulla probabilità.

In secondo luogo: emerge un'era dell'"indistinzione generalizzata" in cui non si potrà più conoscere la natura o l'origine di un'immagine, con tutti i pericoli che questo comporta in un clima di crescente rancore e sfiducia.

In terzo luogo: dispositivi realizzano più rapidamente e presumibilmente in modo più efficace di noi un numero crescente di compiti ad alta competenza cognitiva. Un uragano si abbatterà sui mestieri dei servizi e della cultura.

Il fondamentalismo dell'IA: cinque pilastri

L'analisi più potente del libro riguarda quello che Sadin chiama il "fondamentalismo dell'IA", sorretto da cinque pilastri:

  1. La fascinazione di tanti politici, che agiscono come promotori zelanti di una potenza che li supera e che finanziano con miliardi
  2. Una moltitudine di tecnocrati (ingegneri, ricercatori, imprenditori) che, pur fingendo di preoccuparsi delle derive attraverso un discorso sull'"etica", accelera incessantemente il processo e lo sviluppo, noncurante degli effetti e delle conseguenze future
  3. L'adozione entusiasta del mondo economicoi e del mercato, che vede economisti diventare nuovi teologi della crescita, per i quali l'automazione è un destino ineluttabile e desiderabile
  4. L'istituzionalizzazione ufficiale e la nascita di comitati e legislazioni varie che promuovono garanzie morali del sistema la cui consanguineità con gli attori dell'industria tecnologica è sistematica
  5. Il ruolo e il coinvolgiemnto dei media, che per fascinazione o mancanza di distanza critica rilanciano senza sosta la parola dei padroni del gioco
  6. Moltitudini di persone che hanno sposato l'IA

A questi cinque pilastri si aggiunge un sesto, forse il più potente: "la grande illusione della regolamentazione", che si limita a ratificare la logica che pretende di controllare, ragionando nel quadro utilitaristico del rapporto vantaggi/rischi, senza mai porre la questione fondamentale delle rotture della civiltà moderna.

"c'è una resposnabilità grande, delle istituzioni, delle nostre società, di tutti: non essersi preoccupate delle consseguenze culturalo e di civiltà, concentrandosi solo sull'utilità immediata dei sistemi. è una bancarotta morale, collettiva, e la pagheremo molto cara"

Verso l'"Anumanità"

La conseguenza di questa doppia espropriazione, del potere politico e del linguaggio, è una trasformazione antropologica profonda che Sadin nomina Anumanità. Non si tratta della fine dell'uomo in senso post-umanista, ma dell'avvento di un'umanità svuotata della sua sostanza, devitalizzata. Come testimonia un professore citato nel libro: "Mi chiedo perché perdo il mio tempo a correggere testi redatti da una macchina che i miei studenti forse non hanno nemmeno preso il tempo di leggere. [...] Sono crollato. Con ChatGPT, niente ha più senso."

Questa atrofia dell'agire individuale ha conseguenze politiche devastanti. La distruzione dei riferimenti comuni e l'atomizzazione degli individui nelle loro bolle di certezze creano un terreno fertile per una violenza di genere nuovo: una "guerra della stupidità di tutti contro quella di tutti", una guerra di dogmi e di "super-credenze" dove l'impossibilità di dialogare conduce alla negazione dell'altro.

Uno stile al servizio del risveglio

Lo stile di Sadin è volutamente pamphlettistico e profetico. Contro la prosa neutra e disincarnata della tecnocrazia, oppone una scrittura carnale, impegnata, dove ogni frase è una presa di posizione. Non si accontenta di descrivere: martella. La sua retorica del collasso è una strategia per risvegliare le coscienze anestetizzate.

"il linguaggio è uno degli ambiti più colpiti: quello della IA è un linguaggio costruito sulla correlazione probabilistica. Il risultato è un linguaggio schematico, matematico, privo di vitalità, che riproduce soltanto ciò che esiste già"

Un manifesto per l'urgenza

Le désert de nous-mêmes non è solo un'analisi: è un manifesto che chiama all'azione. Sadin stesso è all'origine del "contro-vertice dell'IA" tenutosi a Parigi nel febbraio 2025, in parallelo al vertice mondiale organizzato dalla Francia. L'autore afferma che ci restano "due o tre anni per agire" prima che sia troppo tardi per regolare le IA generative.

Il filosofo non propone il rifiuto della tecnologia, ma invita a "difendere senza concessioni l'esercizio delle facoltà che ci definiscono". Si tratta di riscoprire "la nostra incompletezza inerente, fondamento stesso della società, del politico e della morale, e tutta la ricchezza infinita che essa implica di ritorno", di riscoprire che la nostra società è costituita da legami di interdipendenza.

"il linguaggio umano funziona per associazioni, ognuno compie concatenazioni uniche di idee. E' il primo vettore della libertà e della pluralità umana"

Un'opera necessaria

In un momento storico in cui le IA generative si diffondono a velocità vertiginosa senza un vero dibattito democratico, Le désert de nous-mêmes si impone come lettura indispensabile. 

Il libro ci costringe a guardare in faccia la realtà: "l'immenso paradosso è che lasciamo libero corso – ancor più: partecipiamo molto volontariamente – a questo deserto di noi stessi che viene".

Che si sia d'accordo o meno con tutte le tesi di Sadin, resta il fatto che la sua voce è tra le più lucide e necessarie nel panorama contemporaneo. In attesa di una traduzione italiana, questo libro rappresenta un contributo fondamentale al dibattito su quale futuro vogliamo per l'umanità nell'era delle intelligenze artificiali.

"Shumpeter èp morto un'altra volta nel 2022: la lista dei mestirei che rischiano di scomparire è già lunga: programmatori informatici, insegnanti, traduttori letterari, fotografi, grafici, doppiatori, architetti, designer, ecc. ecc."

StultiferaBiblio

Pubblicato il 14 dicembre 2025

Carlo Mazzucchelli

Carlo Mazzucchelli / ⛵⛵ Leggo, scrivo, viaggio, dialogo e mi ritengo fortunato nel poterlo fare – Co-fondatore di STULTIFERANAVIS

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