Antropologo culturale ed etnologo specializzato nello studio delle culture dei popoli minoritari d'Europa
Socio dell'A.N.P.I.A. – Associazione Nazionale Professionale Italiana di Antropologia
Membro della S.I.A.A. – Società Italiana di Antropologia Applicata
Laurea in lettere con lode presso Università di Palermo, con una tesi in Antropologia Culturale (prof. Nino Buttitta) - 1978
Attività didattica quale docente di materie letterarie e di un corso di Linguistica Generale e Sociologia della Comunicazione in un Liceo di Palermo - 1978-1981
Praticantato e iscrizione all'albo dei Giornalisti
Borsa di studio di specializzazione in Scienze Sociali ed Economiche - 1980
Dopo la sua frequenza, lascia l'insegnamento per essere assunto da una grande banca italiana per la quale inizierà a occuparsi di selezione delle risorse umane.
Master in Scienze e tecniche della Formazione - 1989
Centro di formazione - Direzione Generale del Banco di Sicilia - 1989-1997
Area Relazioni Esterne e Comunicazione - Direzione Generale del Banco di Sicilia - 1997-2007
Unicredit - Rapporti con il Terzo Settore in Sicilia - 2007-2018
Collaboratore, inviato o redattore con reportage di geografia sociale e turistica di varie riviste italiane -1979-2022
Capo Redattore e co-autore della collana di guide di viaggio sull'Italia e sull'Europa "Le Vie del camper" - 2012-2023.
Saggista e autore di centinaia di articoli e libri di argomento socio-antropologico, storico-sociale e geografico - 2018-data corrente
L’IA e le prospettive di un nuovo umanesimo (ateo?)
Ben più di un secolo fa Nietzsche iniziò ad affermare che Dio è morto perché era solo una menzogna consolatrice[1]: gli uomini - spiegava - hanno messo sopra al volto della realtà una maschera, ovvero Dio, con una funzione oltremondana che vorrebbe essere consolatrice della realtà della vita quotidiana poiché questa realtà è talmente brutta da non poter essere osservata e vissuta serenamente. Ma adesso Lui - proseguiva - è stato smascherato e quindi non c’è più, è semplicemente scomparso.
L’approccio antropologico alla malattia e alla cura
L’antropologo può essere chiamato ad affrontare la complessità dei processi politico-culturali che coinvolgono i corpi e le istituzioni sanitarie, il rapporto fra individuo e operatore sanitario (medico, infermiere, ausiliario), ma anche le relazioni fra salute degli individui e dei gruppi sociali e diseguaglianze, senza tralasciare, come già evidenziato, i processi terapeutici e le strategie di cura, che ovviamente possono diventare attività o forme ostili di relazione nei confronti di persone che non accettano le metodologie abituali della nostra medicina o il rapporto medico-paziente promiscuo.
C’è ancora posto nella nostra medicina ufficiale per sistemi di cura alternativi?
Una lettura in chiave storico-evoluzionista dei sistemi di cura non è assolutamente in grado di spiegare la sopravvivenza di tutte quelle pratiche (religiose, magiche, esoteriche) che attraversano il tema della malattia e che continuano a elaborare ancora oggi in parallelo valori, rituali di guarigione e di sollievo al dolore che costituiscono un patrimonio condiviso in seno a vasti settori della società.