(Nr. 3) - Ottimismo tecnomimetico e orizzonte del sapere

Questo mio testo prova a fornire una mia visione di come grandi personalità della scienza e del pensiero abbiano fornito, ciascuno per proprio conto e nel proprio tempo, un tassello fondamentale alla comprensione dei limiti della narrazione odierna delle moderne tecnologie di IA e fari illuminanti della loro fondamentale inadeguatezza intrinseca a rappresentare la conoscenza umana nella sua complessa interezza.

Ribellione, autoritarismo e crisi della realtà: rileggere 'The Rebel Sell'

Le teorie del complotto, il culto del leader forte, il disprezzo per la mediazione e il compromesso democratico sono diventati parte integrante del clima culturale dominante. In questo contesto, la domanda centrale è: com’è possibile che, mentre la coscienza critica si dichiara viva e attiva, il potere autoritario guadagni terreno? E come mai le forme culturali che si propongono come alternative sembrano così facilmente neutralizzate? È proprio da questo paradosso che partiva 'The Rebel Sell', il libro scritto nel 2004 da Joseph Heath e Andrew Potter. Heath e Potter toccano una questione più profonda: la confusione tra cultura e politica. Molti ritengono che scegliere un certo stile di vita equivalga a cambiare il mondo. Non mangiare carne, boicottare un marchio, indossare vestiti vintage o non avere un televisore vengono considerati atti politici. Ma questi gesti individuali non mettono in discussione le strutture di potere. 'The Rebel Sell' ci invita a riconoscere le illusioni che ci rassicurano e a fare i conti con la complessità del reale. In un’epoca in cui le democrazie si svuotano e le autarchie si rafforzano, la ribellione estetica non basta. Serve un ritorno alla critica istituzionale, alla pratica democratica, al pensiero articolato. Serve una nuova consapevolezza che unisce l’analisi culturale con l’azione politica, la denuncia simbolica con la riforma concreta.

Filosofia perenne

Il filosofare è il pensiero che va oltre limiti e costrizioni, cercando il sapere al di là di ogni conoscenza settoriale. Per questo si arriva a proclamare la morte della filosofia: di fronte al proliferare di discipline scientifiche e tecniche, una conoscenza multidisciplinare appare oggi inattingibile. Ma più che di morte della filosofia, possiamo parlare di resa dei filosofi. Vediamo sulla scena 'filosofi' che si adeguano a un ruolo ancillare, ponendosi in posizione di sudditanza e di servizio si specifici ambiti scientifici e tecnici. Eppure la figura del filosofo acquista oggi, nell'Era Digitale, una nuova importanza. Servono oggi liberi pensatori tesi oltre ogni conoscenza settoriale, specialistica, disposti a svelare il senso nascosto, complessivo, quel senso che ogni scienza nomina e descrive nel suo modo parziale. Servono pensatori disposti al rischiaramento: l'illuminazione che rende chiaro l'oscuro.

FILOSOFIA IPNOCRATICA

In tempi nei quali proliferano filosofi pop e guru di intelligenze artificiali generative varie, la filosofia sembra sempre più morta, azzerata. Però forse non lo è, la filosofia è pur sempre una pratica che si porta dietro attività di lettura e di scrittura, favorisce l’immaginazione, spinge a vivere la vita come uno spartito musicale, come una danza (“forma di pensiero e di espressione che va oltre la dimensione umana” diceva Nietzsche).

L’illusione del progresso: ciò che sappiamo, ciò che perdiamo

Nel Rinascimento, gli umanisti condannarono il Medioevo come secoli bui, oscurati dall’ignoranza e dalla superstizione. L’Illuminismo sollevò la ragione come baluardo contro le tenebre della credulità. Oggi, immersi in una rete planetaria che promette accesso istantaneo all’informazione, celebriamo l’intelligenza artificiale come se fosse il coronamento di una lunga marcia verso la verità.

L’intelligenza sprecata

In un’epoca che proclama la centralità del pensiero ma premia l’automatismo, questo saggio affronta una delle contraddizioni più radicate nel mondo del lavoro contemporaneo: l’intelligenza viene richiesta, ma raramente ascoltata. Tra riunioni inconcludenti, micromanagement paralizzante e tecnologie che promettono efficienza mentre semplificano la complessità dell’umano, si consuma il paradosso dell’organizzazione moderna. Un viaggio critico dentro l’ossessione per il controllo e la paura della decisione, dove la leadership si riduce a gestione dell’immagine e la collaborazione a strategia di sopravvivenza. Un testo che disobbedisce con rigore, scritto per chi non si accontenta più della forma senza sostanza.

Nei labirinti della tecnologia

Un testo usato come premessa del mio libro 𝗡𝗲𝗶 𝗹𝗮𝗯𝗶𝗿𝗶𝗻𝘁𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘁𝗲𝗰𝗻𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗮, pubblicato con Delos Digital a fine 2014. "Il labirinto è tutto tecnologico, reticolare, virtuale e reale al tempo stesso. Non è nato da solo, lo abbiamo costruito noi su misura, per divertimento e per soddisfare bisogni e necessità. Poi ci siamo persi al suo interno e abbiamo scoperto i numerosi Minotauri che cercano di dominarlo. Oggi lo abitiamo in modo incosciente e pieni di dubbi, correndo numerosi pericoli, dei quali non siamo sempre consapevoli, e sperimentandone anche le molteplici opportunità. Uscirne non è facile e forse neppure lo vogliamo."

Il peso del fumo (quanto pesa l’intelligenza, anche quella artificiale)

Ogni ambito disciplinare ha i propri sistemi teoretici, i propri metodi di indagine, le proprie tecniche di ricerca i propri strumenti (concettuali e tecnici). Così come ogni ambito disciplinare non è chiuso in sé stesso ma si offre al contributo delle discipline (più o meno “vicine”) così come anche sperimenta l’uso di idee, concetti, metodi e tecniche tipiche di discipline terze.

Monachesimo aziendale

Tra le promesse più celebrate dei paradigmi Agile e Scrum vi è quella di ridurre l’inerzia burocratica e favorire la snellezza dei processi organizzativi, abilitando le squadre di lavoro a concentrarsi sull’attuazione concreta e sulla consegna continua di valore. Tuttavia, l’applicazione quotidiana di tali metodologie, lungi dal rappresentare un’alternativa realmente efficace alla rigidità organizzativa, rivela spesso una deriva diametralmente opposta.

Pensare criticamente

Un testo tratto dal mio ultimo libro 𝐍𝐎𝐒𝐓𝐑𝐎𝐕𝐄𝐑𝐒𝐎 -𝐏𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐮𝐦𝐚𝐧𝐢𝐬𝐭𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐫𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐥 𝐌𝐞𝐭𝐚𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨. Mentre la tecnologia accelera e la macchina aspira a usare algoritmi metacognitivi, l’umano si scolora, il pensiero rallenta, perché è diventato anoressico, ha perso la sua capacità logica e critica, la sua lunghezza e profondità, la capacità di cogliere le relazioni complesse tra le cose, le situazioni e gli eventi, di trasformarsi in conoscenza e comprensione. Alla ricerca di senso, dobbiamo abbandonare pratiche onlife che hanno omologato e anestetizzato il sentire, omogeneizzato l’esperienza e cloroformizzato il pensare, dobbiamo impegnarci a costruire senso e a farlo insieme ad altri: non superficialmente ma andando in profondità, agitando la coscienza, esercitando la comprensione, adottando pratiche quotidiane fatte di piccoli passi, dalla forza assimilabile alla goccia che leviga qualsiasi roccia su cui cade per anni.

Fermati un attimo

Se ci fermiamo per un attimo a pensare, se prendiamo anche solo per un istante coscienza di come stiamo vivendo e agendo, ci rendiamo conto di come oggi accettiamo una sottrazione di libertà.

Connessi ma frammentati: come la tecnologia trasforma il pensiero

Il digitale ha trasformato il nostro modo di lavorare e pensare, favorendo la velocità e la produttività a scapito della riflessione critica. L’iperconnessione e la collaborazione globale hanno reso la sincronicità un mito e l’asincronia una necessità, ma senza strumenti adeguati rischiamo di disperdere conoscenza e ridurre il pensiero a un flusso di reazioni istantanee. L’intelligenza artificiale e gli algoritmi personalizzati ci guidano, ma ci privano della scoperta e della diversità cognitiva, portandoci verso un modello di “uomo a un algoritmo”. In questo scenario, la sfida non è eliminare la complessità, ma imparare a gestirla. L’articolo esplora il paradosso della semplicità nell’era digitale, analizzando il lavoro distribuito, il rischio della superficialità e la necessità di un nuovo umanesimo tecnologico. Attraverso riferimenti filosofici e pratici, propone strategie per preservare il pensiero critico e la conoscenza in un mondo sempre più automatizzato, dimostrando che la vera intelligenza non sta nella semplificazione, ma nella capacità di scegliere cosa rendere semplice e cosa mantenere complesso.

Tempi strani

Se solo abbiamo la forza d'animo di guardare con sincerità dentro noi stessi e, con coraggio, oltre noi stessi, al di fuori di noi, sappiamo perfettamente di vivere tempi strani, assurdi, costantemente sull’orlo del caos, sempre in bilico, dentro “zone critiche*” delle quali sappiamo poco o non vogliamo sapere nulla.

Stultiferanavis, una forma umana di resistenza

Si può raccontare un progetto (iniziativa, la parola giusta per definirlo) come quello della 𝐒𝐓𝐔𝐋𝐓𝐈𝐅𝐄𝐑𝐀𝐍𝐀𝐕𝐈𝐒 in molti modi. Per me è un punto di arrivo, non ultimo spero, di un lavoro di riflessione critica sulla tecnologia iniziato nei primi anni 2000 e proseguito fin qui attraverso la pubblicazione di ventidue libri centrati su temi principalmente tecnologici e filosofici.

Gaber e il Natale: un'idea o un fatto storico?

Il Natale anche solo filosoficamente inteso non è altro che la risposta all'idea astratta di Dio, che "avviene" su questa terra assumendo negli umanissimi tratti la sensibil forma auspicata da Leopardi, rendendosi volto di bambino, riconoscibile e pertanto corrispondente al desiderio di concretezza che ci contraddistingue.

Pensieri sotto l'albero

Alcune riflessioni in forma di pensieri sparsi, organizzati ed espressi in modo semplice e conciso con l'obiettivo di farsi leggere e far pensare. Un piccolo regalo a chi sotto l'albero è ancora disposto a usare criticamente il proprio pensiero, a praticare l'arte del dubbio e delle domande, per provare a cercare le tante risposte di cui oggi sentiamo tutti, esistenzialmente, il bisognno.

Serve una riflessione critica sulla tecnologia e i suoi effetti

La critica è necessaria. Serve a mettere in discussione i modelli correnti proponendo nuovi approcci basati sulla lentezza, sulla maggiore attenzione agli strumenti che usiamo, sulla relazione e non sulla connessione, sull’esperienza incarnata. Bisogna riconoscere che dispositivi, piattaforme, robot, algoritmi ci stanno rendendo meno umani, simili a macchine, che la tecnologia ha impatti sull’umanità intera incidendo sui nostri sensi e pensieri, sulle decisioni e i giudizi, sull’attenzione, sui desideri, sul nostro essere cittadini, sulle nostre relazioni, su come ci informiamo e rimaniamo informati, persino sulla comprensione della realtà, di cosa significhi essere umani, di chi siamo e cosa dovremmo fare per costruire i nostri possibili futuri.

Eventi, cornici e social network

La nostra vita è piena di eventi, tutto è vissuto come un evento, oggi sempre declinato al presente continuo del tempo tecnologico a cui siamo assuefatti. Ogni evento determina nuovi orizzonti di senso, il modo con cui percepiamo e ci relazioniamo alla realtà.

Cresce il bisogno di silenzio…mediale!

Il silenzio e il tacere sono pratiche che tutti oggi dovrebbero individualmente adottare anche nella rete e sulle piattaforme social da molti abitate in pianta stabile. Il chiacchiericcio di fondo fatto di cose, comportamenti, eventi tutti uguali impedisce qualsiasi tipo di approfondimento, di riflessione, di ascolto, di comprensione e di conoscenza. La parola ha perso di significato, la comunicazione è diventata una coazione, la libertà, la riflessione e il pensiero sono vissuti come un gioco. Un modo per allontanarsi dalla confusione che regna sovrana nel mondo reale e forse dentro ognuno di noi. In questo contesto recuperare e riscoprire il silenzio non porterà a maggiore pace e serenità ma è diventata una necessità.

Rivoluzioni tecno-antropologiche

Viviamo tempi tecnologicamente rivoluzionari. La tecnologia ha cambiato il mondo e noi stessi, accelerando ogni cosa. Molti fanno fatica a adattarsi al cambiamento in atto, tutti percepiscono che gli effetti di questa rivoluzione potrebbero cambiare per sempre le loro vite e il destino del genere umano sulla terra, non necessariamente in senso positivo. Per questo si rifugiano in una sorta di (tecno)nichilismo esistenziale (perdita di senso), individuale (machines do everything better), politico (disimpegno e perdita di controllo) e sociale (connessi ma soli, connessi online ma disconnessi dagli altri intorno a noi).