Il tempo del cambiamento

Il tempo è il filo conduttore che lega la nostra esistenza al cambiamento. Viviamo in un’epoca in cui il presente si accorcia e il futuro si affretta a diventare obsoleto. Questo ritmo incessante, scandito dalle innovazioni e dalle urgenze, ci costringe a riconsiderare il nostro rapporto con il tempo e i valori che lo definiscono. L’urgenza appartiene al dominio del fare, del “quando”, mentre l’importanza risiede nell’essere, in ciò che attribuiamo significato. Tuttavia, il confine tra questi due mondi si è fatto labile, spingendoci verso decisioni affrettate che raramente rispettano ciò che conta davvero.

La crisi che continuiamo a non voler vedere

Un semplice racconto per evidenziare quanto siamo negligenti nell'approfondire, capire l'innalzamento della temperatura e il cambiamento climatico in corso. Serve agire con urgenza ma per farlo bisogna saper fare delle scelte, forse anche scelte radicali. Non basta la consapevolezza, serve assumersi la resposnabilità dell'agire. Unica possibilità rimastaci per coltivare la speranza di un futuo ancora umano e possibile.

Great resignation, big quit o rassegnazione?

Rinunciare al lavoro, prendersi una pausa è come tirare il freno a mano di emergenza, è sintomatico di qualcosa di importante che va oltre il gesto in sé, anche per la sua valenza globale. Non comunica soltanto la scelta di nuovi stili di vita o di lentezza (che barba la filosofia della lentezza) ma anche una reazione, in particolare nelle nuove generazioni, decelerezionista e antagonista. Non riguarda solo il lavoro ma una percezione diffusa di vivere tempi di crisi nelle quali il futuro fa paura, si diffonde il disincanto e aumenta la rassegnazione determinata dalla percezione di non potere fare nulla per cambiare, perché in realtà, in particolare in Italia, nulla mai cambia.