Esperienza, Cambiamenti, Viaggio, Emozioni e Idee Esistenziali
Creatività come comportamento sociale: oltre il mito del genio
L’idea di creatività è stata, nei secoli, progressivamente sequestrata da una mitologia individualista, che l’ha resa sinonimo di eccezionalità. Si è parlato, a lungo, del genio come di un essere eletto, solitario, dotato di facoltà misteriose, capace di operare l’impossibile al di là di ogni contingenza sociale. Questa figura, nutrita dal romanticismo e dall’estetica borghese, ha costruito attorno all’atto creativo un’aura di sacralità inaccessibile, alimentando una narrazione tossica e disabilitante: quella secondo cui “non tutti possono creare”.
L’identità come spazio dinamico: corpo, abitudine e coscienza incarnata
L’identità non è una statua di marmo. È piuttosto una corda tesa tra ciò che siamo stati e ciò che possiamo diventare, un sentiero che si costruisce camminando, una struttura aperta che si riadatta alle sollecitazioni dell’ambiente, alle ferite e alle scoperte interiori. Parlare di identità, oggi, significa resistere sia alla rigidità dei ruoli, sia al dissolversi liquido delle appartenenze. Significa riconoscere che siamo, simultaneamente, continuità e trasformazione.
Confini e contraddizioni: pensare e progettare nei sistemi complessi
Oltre l’ideologia dell’ordine. Nel mondo del business contemporaneo, la ricerca ossessiva di ordine, efficienza e replicabilità sta progressivamente minando la capacità delle organizzazioni di abitare la complessità. Ci siamo abituati a pensare che ogni problema abbia una soluzione standardizzata, preferibilmente scalabile, immediata, e accompagnata da un framework certificato. Tuttavia, è proprio nei momenti di transizione e trasformazione che i modelli prefabbricati mostrano i loro limiti. In questo scenario, concetti come "confine", "contesto" e "paradosso" diventano chiavi di lettura imprescindibili per chi vuole progettare, decidere e guidare con consapevolezza.
Cronaca di una umanizzazione appassionata
Giornata speciale ieri stra-ordinaria. Il Summit, al quale grazie ad Accademia Mibes ho lavorato per mesi, è andato in onda.
Il tempo della lamentela, il tempo della libertà di scelta e della generosità
Un’antica favola africana racconta del giorno in cui scoppiò un grande incendio nella foresta. Tutti gli animali abbandonarono le loro tane e scapparono spaventati. Mentre fuggiva veloce come un lampo, il leone vide un colibrì che stava volando nella direzione opposta. “Dove credi di andare? – chiese il Re della Foresta. – C’è un incendio, dobbiamo scappare!” Il colibrì rispose: “Vado al lago, per raccogliere acqua nel becco da buttare sull’incendio”. Il leone sbotto: “Sei impazzito? Non crederai di poter spegnere un incendio gigante con quattro gocce d’acqua!?” Al che, il colibrì concluse: “Io faccio la mia parte”.
In libreria con la paura di sbagliare acquisto
Il fenomeno Ipnocrazia c'è stato, inutile negarlo, oggi già un po' sbiadito, dentro una realtà che ormai consuma e digerisce tutto, senza preoccuparsi molto che ciò che viene digerito sia vero o sia falso. Più che la tema dell'autorialità legata a un testo generato in modalità ibrida umano-macchina, è interessante riflettere su ciò che è rimasto di quell’evento. Sicuramente una maggiore difficoltà a fare delle scelte, a scegliere quale sia “la realtà” a cui credere. Il che si traduce anche in un malessere più profondo, la perdita di riferimenti solidi, di idee forti perché sostenute da fonti cert(ificat)e, di valori come verità, autenticità, identità e non solo.
La Nave: rifugio, viaggio, rinascita
Dall’arca di Noè alla nave degli stolti di Platone, passando per miti antichi e simboli religiosi, la nave è da sempre rifugio e metafora di viaggio, diserzione e rinascita. Anche oggi, salpare può essere un atto di libertà. E magari, con una canzone in sottofondo.
FILOSOFIA IPNOCRATICA
In tempi nei quali proliferano filosofi pop e guru di intelligenze artificiali generative varie, la filosofia sembra sempre più morta, azzerata. Però forse non lo è, la filosofia è pur sempre una pratica che si porta dietro attività di lettura e di scrittura, favorisce l’immaginazione, spinge a vivere la vita come uno spartito musicale, come una danza (“forma di pensiero e di espressione che va oltre la dimensione umana” diceva Nietzsche).
L'AI come "trasformautore" e il caso Hypnocracy
Finora le nuove possibilità introdotte dallo sviluppo tecnologico hanno permesso all’uomo di creare forme sempre più evolute con cui esprimersi e realizzarsi. Con l’Intelligenza Artificiale, lo scarto evolutivo è evidente: la trasformazione di ruoli, concezioni e tradizioni, ha un effetto radicale sui concetti di opera d’autore, autore e processo generativo. Questo è direttamente legato alla questione cruciale, se l’AI sostituisce l’uomo o lo potenzia.
Di opere d’autore, autori e trasformautori 4/4
L’autore esercita la funzione autore cooperando con il modello transformautore — sintografia generata con ChatGPT
Prevenire il collasso per scongiurarlo
Un testo scritto per il mio libro NOSTROVERSO - Pratiche umaniste per resistere al Metaverso, pubblicato con Delos Digital a fine 2024 per illustrare una delle pratiche umaniste che ho suggerito per resistere ai tanti metaversi digitali che stanno mettendo in difficoltà il NOSTROVERSO incarnato, sensibile e umano. La percezione di molti racconta di un collasso alle porte che renderà impossibile ogni ritorno alla vecchia normalità. È come se avessimo perso il controllo, regalato ad assistenti personali e intelligenze artificiali che, al posto nostro, guidano le auto e non solo, come se avessimo smarrita la nostra capacità di agire in modo autonomo, sulla base delle nostre esperienze, conoscenze e volontà. Non servono teorie delle catastrofi per spiegare cosa stia succedendo.
Navigando e vagabondando
Una riflessione sull’iniziativa della Stultiferanavis associata alla scelta di navigare vagabondando, con l’invito a tutti gli spiriti liberi di salire a bordo (“Via sulle navi […] c’è ancora un altro mondo da scoprire! […]” direbbe Nietzsche). L’invito è a salpare per lasciarsi indietro il paesaggio desolante a cui ci siamo assuefatti, per provare a ridare dignità a un intelletto sempre più ridotto al semplice computare, per mettersi alla prova in un viaggio non facile, in compagnia di altre presone in carne e ossa, sfidando onde e tempeste. Ci si imbarca, si sale a bordo, ci si mette in mare senza sentirsi obbligati a tornare, neppure se e quando si dovessero incontrare delle tempeste. Che senso avrebbe infatti pensare di tornare dopo che ormai si è partiti. Conta molto di più alzare lo sguardo e vagabondare sulle onde, con consapevolezza, determinazione e coraggio.
Di opere d’autore, autori e trasformautori 3/4
Se il ruolo dell’autore è quello di portare l’opera a compimento, nei casi di opere complesse come quelle considerate nel precedente articolo di questa serie, diventa difficile identificarne chiaramente l’identità.
Di opere d’autore, autori e trasformautori 2/4
L’autore esercita la funzione autore cooperando con il modello transformautore — sintografia generata con ChatGPT
Di opere d’autore, autori e trasformautori 1/4
L’autore esercita la funzione autore cooperando con il modello transformautore — sintografia generata con ChatGPT
Julio Cortázar e i limiti della velocità
In un racconto di Julio Cortázar, il viaggio in autostrada: chiusi ognuno nella propria scatola, corriamo veloci in avanti immersi in un non-luogo. Se questa è la norma, l'evento è l'ingorgo stradale. Dove prima le vetture sfrecciavano, coda di automobili ferme che si snoda a perdita d'occhio. Il bloccarsi del flusso delle auto in corsa è una discontinuità sistemica. La velocità è bruscamente negata. Improvvisamente sbalzati, del tutto impreparati, in un inatteso, sconosciuto, differente spazio-tempo, ''passeggeri' costretti a scendere dall'auto e a vivere l'emergenza insieme, si riscoprono diversiNascono tra di loro nuove relazioni sociali. Quando finalmente, pian piano, le auto iniziano a muoversi di nuovo "a ottanta chilometri all'ora" verso le luci di Parigi "che crescevano a poco a poco", tutti rimpiangeranno l'esperienza vissuta. Resta aperta per tutti la domanda: "perché tanta fretta, perché questa corsa nella notte tra auto sconosciute dove nessuno sapeva niente degli altri, dove tutti guardavano fissamente in avanti, esclusivamente in avanti".
Tornare al contatto fisico
In tempi in cui introduciamo nel corpo chilometri zero, cibi vegani e carnivori, enogastronomie e diete furibonde, lo lasciamo sempre più inconsapevolmente in disparte se non per modellarlo artificiosamente, con dosi festose di botulino, illusi, donne e uomini, che così il tempo si possa annullare spingendo la morte del corpo mortale sempre più in là. Epidemie e pandemie varie permettendo. Il corpo, singolare e purale, che la pandemia ha reso fragile ponendolo al tempo stesso al centro dell’attenzione, avrebbe potuto renderci consapevoli di quanto a esso siamo concatenati, impossibilitati a liberarcene. Finita la pandemia la consapevolezza si è messa in ombra (si è adombrata), così come ha fatto il Covid 19, lasciando spazio a ciò che da tempo molti avevano già accettato come normalità: la sparizione del corpo in presenza, dentro la vita simulata delle piattaforme digitali online.
Sperare è diventato stupido?
Diceva Simone Weil che il solo fatto di esistere e di pensare è già una ragione di speranza. Senza futuro e nella convinzione che il meglio appartenga al passato, il futuro ci appare senza orientamento e aspettative, pieno di crisi e di emergenze, ormai diventate la regola. Stiamo tutti insieme rinserrati su un treno delle Nord, sempre in ritardo ma che pure avanza. Proprio per questo non vediamo il treno, di conseguenza non ne elaboriamo alcuna consapevolezza, critica, voglia di (re)azione.
L’approccio antropologico alla malattia e alla cura
L’antropologo può essere chiamato ad affrontare la complessità dei processi politico-culturali che coinvolgono i corpi e le istituzioni sanitarie, il rapporto fra individuo e operatore sanitario (medico, infermiere, ausiliario), ma anche le relazioni fra salute degli individui e dei gruppi sociali e diseguaglianze, senza tralasciare, come già evidenziato, i processi terapeutici e le strategie di cura, che ovviamente possono diventare attività o forme ostili di relazione nei confronti di persone che non accettano le metodologie abituali della nostra medicina o il rapporto medico-paziente promiscuo.
Un mondo fuori asse
In un mondo “fuori asse dai contorni indiscernibili, un mondo guasto che sembra andare a rotoli, nel quale le certezze di molti sono minacciate, 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚𝐭𝐢 (𝐩𝐬𝐞𝐮𝐝𝐨)𝐟𝐢𝐥𝐨𝐬𝐨𝐟𝐢, molti praticano la filosofia e ne frequentano i festival, numerosi professionisti che la esercitano lo fanno in maniera pop, divulgativa e mediatica, inconsapevoli forse che, giocare a fare i filosofi, non fa diventare filosofi, tantomeno a vivere filosoficamente.